Chi pensava che il Papa avrebbe assistito inerte ai recenti eccidi di cristiani, sbagliava: con l'uscita sugli armeni reagisce in modo politico e con obiettivi precisi. di Aldo Giannuli.
Molti giornali hanno presentato la dichiarazione sul genocidio armeno come la "Ratisbona di Francesco", alcuni sottintendendo con compiacimento che è la prima "scivolata" di questo pontificato, altri per dire che, al di là delle caratteristiche personali del Papa, la geopolitica vaticana non cambia e non può che essere antislamica. Una lettura totalmente sbagliata e fuorviante che si ferma alle somiglianze superficiali delle cose.
Il discorso di Benedetto XVI ebbe carattere essenzialmente dottrinale (come era nel carattere del suo pontificato e come dimostra il fatto che affidava il suo giudizio sull'Islam alla citazione di un teologo del Quattrocento) e non è separabile dalla sua visione essenzialmente eurocentrica; Francesco, al contrario, è un papa eminentemente politico, come dimostra il fatto che non ha citato un teologo di se secoli fa, ma è andato dritto all'obiettivo tirando in ballo una delle questioni più scottanti del Novecento, e non è affatto eurocentrico ma portatore di una strategia globale.
Ratzinger fu sorpreso dalle reazioni politiche al suo discorso, Bergoglio non solo se le attendeva, ma le voleva e proprio di questo tenore. Ed allora, come leggere la sua sortita?
In primo luogo, questa dichiarazione fa seguito a diverse denunce dei massacri di cristiani in paesi islamici, fatte in queste settimane. Chi pensava che il Papa avrebbe assistito inerte a questi eccidi, si sbagliava: il Papa, come suo dovere, assume la difesa del suo popolo e non lo fa solo con generiche denunce o vaghe esortazioni, ma - questo è il senso dell'uscita sugli armeni - con operazioni apertamente politiche con obiettivi precisi. E il seguito dei fatti gli dà ragione: la Ue, finalmente, si è decisa a riconoscere il genocidio armeno, uno dei paesi più filo-turchi, l'Italia, è messo con le spalle al muro e deve prendere le distanze dalle reazioni del governo turco che è pienamente cascato nella trappola tesagli.....
Conclusione: di ingresso di Ankara nella Ue non ne parliamo più almeno per un po' di anni. Sarebbe stato sbagliato ammettere nella Ue una Turchia islamica, per quanto laica e Kemalista, ma di una Turchia fondamentalista ed ottomana di Erdogan non è neppure il caso di adombrare l'ipotesi. E il valente premier turco, tanto per smentire il suo razzismo nei confronti degli armeni, non trova di meglio da dire che lui potrebbe espellere i centomila armeni non cittadini turchi, che sono nel suo paese. Uno così non può entrare nemmeno nella portineria della Ue.
E questo è un assist indiretto anche alle opposizioni turche in vista delle elezioni: Erdogan porta all'isolamento internazionale del paese. Anche l'esercito ha di che meditare su questa svolta neo ottomana dell'attuale premier.
Ma perché prendersela proprio con la Turchia? Al di là delle ragioni di fondo per cui il Vaticano, pur propenso al dialogo con l'Islam, non vede di buon occhio l'ingresso della Turchia nella Ue, ci sono motivi contingenti che hanno spinto in questo senso. Diciamocela: la Turchia la sta facendo sporca con l'Isis. Da dove passano le armi, i rifornimenti, i foreign fighters diretti al Califfato? E da dove passano i flussi petroliferi che partono dallo Stato Islamico? Poi, la nozione di Califfato non sembra dispiacere molto ad Ankara, anzi. Ed allora, la sortita del Papa serve anche a puntare i riflettori sulla sostanziale slealtà di questo "alleato" dell'Europa (degli Usa), mentre le cancellerie di tutta Europa fanno finta di non vedere e di non sentire.
D'altro canto, questo non è stato un fulmine a ciel sereno: anche nel suo recente viaggio in Turchia, Bergoglio non aveva perso l'occasione di mandare segnali molto irritanti per il governo turco e, adesso, è arrivato un potente ceffone in pieno viso.
Quanto mi piace questo Papa!
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=118739&typeb=0&Il-Papa-gli-Armeni-e-la-Turchia
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