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martedì 17 marzo 2015

Vito lops. L'euro è in caduta libera. Fin dove può arrivare e con quali conseguenze?


L'euro è in caduta libera. Fin dove può arrivare e con quali conseguenze? 
Da inizio anno l'euro ha perso il 13% nei confronti del dollaro scivolando sotto 1,05, il livello più basso degli ultimi 12 anni. Per molti analisti, a questo punto, non è da escludere che l'euro possa scendere anche sotto la parità nei confronti del biglietto. Ecco perché e le conseguenze.
 di Vito Lops - Il Sole 24 Ore - 

1 - Da inizio anno l'euro ha perso il 13% nei confronti del dollaro. In 12 mesi il calo è vicino al 30%. Prima i rumor, poi l'annuncio, e poi (lunedì scorso) l'annuncio del quantitative easing della Bce hanno ottenuto l'effetto che l'istituto di Francoforte si prefiggeva: svalutare la divisa unica con l'obiettivo di rendere più competitive le esportazioni extra-euro e far ripartire l'economia e l'inflazione. Ma l'euro è in caduta libera anche perché, oltre alla Bce, contemporaneamente dagli Stati Uniti la Federal Reserve si prepara ad alzare i tassi (forse a giugno?), e questo spinge ancor più su il dollaro. “In questo contesto, parlare di parità o addirittura di una discesa al di sotto non è eccessivo”, dice Neil Mellor, currency strategist a Bank of New York Mellon. di Vito Lops - Il Sole 24 Ore - ....


2 - Come visto, quindi, gli operatori non escludono che l'euro possa scendere nel corso dell'anno anche sotto la parità nei confronti del dollaro. L'ultima volta che è accaduto risale al 2000. Allora la caduta dell'euro – che arrivò a un minimo di 0,8 dollari, fu vista come un segnale di pericolo della nascente Eurozona (esordì nel gennaio 1999 con l'euro a quota 1,1789 dollari). Come se la nuova valuta, dopo un buon avvio sui mercati, non fosse in grado di reggere il confronto con il dollaro. Oggi, invece, la caduta “libera” dell'euro (come visto condizionata sia dal “qe” della Bce ma anche dal rafforzamento del dollaro per via del fatto che i mercati scontano un rialzo dei tassi negli Usa nel 2015) è vista come un fattore positivo. Perché sta dando nuova linfa alle esportazioni europee nelle aree extra-euro. E questo dovrebbe riflettersi in un aumento degli utili che si potrà constatare nei prossimi mesi con i nuovi dati di bilancio. di Vito Lops - Il Sole 24 Ore - 

3 - Il mini-euro, letto al contrario, è anche il super-dollaro. Il super dollaro rende, per gli europei, decisamente più sconveniente acquistare dollari, quindi fare viaggi negli Stati Uniti o acquistare merci negli Usa. E per le aziende statunitensi sta iniziando ad essere un problema. Le società quotate a Wall Street, infatti, generano il 45% degli utili all'estero. E stanno registrando un calo delle esportazioni che dovrebbe essere evidente nelle prossime trimestrali. Non è un caso, quindi, se la Borsa di New York abbia perso da inizio anno lo 0,7% mentre quelle di Francoforte e Milano si siano apprezzate nello stesso arco temporale del 20%. di Vito Lops - Il Sole 24 Ore - 

4 - In questa fase gli investitori stanno spostando capitali. Da inizio anno i fondi azionari europei hanno registrato afflussi per 35,6 miliardi di dollari; di pari passi i fondi azionari statunitensi hanno registrato deflussi per 33,6 miliardi di dollari. Ma il flusso sull'azionario (da Usa verso Europa) è compensato da un flusso inverso sull'obbligazionario (da Europa verso Usa). Secondo Deutsche Bank negli ultimi mesi ci sarebbe stato un deflusso in tal senso dall'Europa di 300 miliardi di euro. Questo perché molti capitali finiscono verso obbligazioni in dollari in previsione di un rialzo dei tassi negli Usa. Lo spread tra i rendimenti a 10 anni tra Usa e Germania è balzato quasi a 200 punti. Questa differenza di tassi e rendimenti offerti non fa altro che rinforzare il dollaro. di Vito Lops - Il Sole 24 Ore - 

5 - Cosa succederebbe se la Federal Reserve prendesse più tempo e rimandasse un rialzo dei tassi (attualmente in parte scontato dai mercati a partire da giugno)? Ne sapremo di più tra domani e mercoledì quando il consiglio direttivo della Fed si riunirà per aggiornare proprio le linee di politica monetaria. La Fed avrà ancora “pazienza” nel rinviare il rialzo dei tassi? Questa la domanda che si pongono gli investitori. Se la Fed dovesse eliminare la parola “pazienza” dalla sua attuale linea potrebbe spingere verso un ulteriore rafforzamento del dollaro e, di conseguenza, verso un ulteriore indebolimento dell'euro, a quel punto ancor più direzionato verso la parità, o più giù. di Vito Lops - Il Sole 24 Ore - l

6 - Nella partita di causa-effetto (dove i movimenti delle valute risentono indubbiamente anche di scelte geo-politiche) rientra a pieno titolo anche il fattore petrolio. Sia perché esso è quotato in dollari ed è normalmente legato da una relazione inversa con il biglietto verde. Quando scende il prezzo del petrolio, tendenzialmente il dollaro si rafforza sulle altre valute e viceversa. Nell'ultimo anno il prezzo del petrolio è crollato del 45% (con il Brent passato da 115 a 60 dollari). Si aprono due scenari che potrebbero però convertire entrambi nella direzione di un rafforzamento del dollaro: se l'Opec decidesse di tenere ancora basso il prezzo il dollaro resterebbe forte. Ma anche se il prezzo del petrolio dovesse salire, le probabilità che il dollaro resti forte sono alte: perché a quel punto gli Usa importerebbero inflazione e con un'inflazione più alta per la Fed sarebbe davvero arduo continuare a rimandare la decisione di un rialzo dei tassi. di Vito Lops - Il Sole 24 Ore -

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