L'ULTIMA PROFEZIA DI BIN LADEN SUGLI ATTENTATI A PARIGI.
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La profezia di Osama. Il lascito dello “Sceicco del terrore. Una indicazione operativa avveratasi tre anni dopo. Ventuno gennaio 2011. Quel giorno, il fondatore di al Qaeda, lancia il suo ultimo messaggio audio. Nel mirino non c’è il Grande Stana americano. Ma la Francia. Nella registrazione, il terrorista saudita si rivolge al presidente Nicolas Sarkozy e al popolo francese, affermando: “Pagherete cara la vostra presenza in Afghanistan”. Poi minacciava: “La liberazione dei vostri ostaggi dalle mani dei nostri è condizionata dall’uscita dei vostri soldati dai nostri Paesi”.
L'ultimo videomessaggio di Bin Laden (continua a leggere dopo il video):
Un riferimento ai cinque francesi catturati in Niger a settembre del 2010. Altri due francesi sono stati rapiti e uccisi, sempre in Niger, all’inizio del 2011. A ottobre (2010), in un altro audio, aveva commentato proprio la cattura dei francesi: “Il loro rapimento è una risposta alla tirannia della Francia nei confronti dei musulmani”. Il messaggio conteneva anche un riferimento all’attualità francese: “Se ritenete che sia vostro diritto vietare alle nostre donne di usare il velo, non pensate che sia nostro diritto cacciare i vostri invasori dai nostri Paesi”. Rilette alla luce dell’”11 Settembre francese”, le parole di bin Laden risuonano agghiaccianti.
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https://www.youtube.com/watch?v=EQJQAv_oslMPerché il senso del duplice attacco terroristico di Parigi,.....
rivendicato da al Qaeda della penisola araba (Aqap), è lo stesso evocato, nel suo lascito “testamentario”, dall’uomo che ideò l’”11 Settembre” americano. E ciò si evince anche dal contenuto delle rivendicazioni di Aqap: la Francia "smetta di attaccare l’Islam, i suoi simboli e i musulmani o ci saranno nuove operazioni" terroristiche, ha avvertito uno dei responsabili dell’Aqap Harith bin Ghazi al-Nadhari, in un video postato su Youtube. Il video, poi rimosso, di 5 minuti e 37 secondi, è stato pubblicato poco dopo la morte dei tre terroristi in Francia ed è intitolato "The Faces succeeded”.
"Alcuni dei figli di Francia - afferma il responsabile dell'Aqap - sono stati irrispettosi con i profeti di Allah, e quindi un gruppo tra i soldati di Allah ha marciato contro di loro, a cui hanno insegnato il rispetto e i limiti della libertà di espressione. I soldati che amano Allah e i suoi messaggeri sono arrivati a voi, e loro non hanno paura della morte ma adorano il martirio per la causa di Allah". Harith al-Nadhari è lo stesso che, lo scorso novembre, ha duramente attaccato l'Isis. Il responsabile ha accusato al Baghdadi di "tracciare un solco" tra i gruppi jihadisti con il suo progetto di costituire uno Stato islamico. L'Isis, ha aggiunto, ha "costretto tutta la nazione (islamica) a giurare fedeltà", senza "consultare" gli altri leader jihadisti.
Prima della diffusione del filmato, un esponente di Al Qaeda in Yemen aveva già rivendicato l'attacco, messo in atto con l'obiettivo di "vendicare l'onore" di Maometto. In un messaggio anonimo recapitato all'”Associated Press” al Cairo, si legge che "la leadership di Aqap ha diretto le operazioni scegliendo con cura l'obiettivo". D’altro canto, Al Qaeda nella peni¬sola ara¬bica ha da tempo messo al centro dei suoi minacciosi proclami la Francia, colpevole, agli occhi degli epigoni di Osama bin Laden di portare avanti una politica interventista, con l’obiettivo di voler “ricolonizzare” terre islamiche imponendo i propri valori. Al Qaeda ha riconquistato il centro della scena mondiale. Offuscando il suo competitore nella guerra per la leadership dell’Islam radicale armato: il “Califfo” dello Stato Islamico (IS): Abu Bakr al-Baghdadi. Il campo di battaglia di questo scontro è il mondo. In particolare, l’Occidente. E in esso, l’Europa multietnica, dove è sempre più crescente la presenza dei musulmani, di seconda e terza generazione.
Al Qaeda e l’Isis pescano nello stesso “mare”, e per tirare la rete dalla loro parte, devono alzare il livello dello scontro, spettacolarizzarlo: da qui le video decapitazioni, da qui l’attacco alla città dei Lumi e a un settimanale diventato il simbolo di una libertà di espressione che i “guerrieri di Allah” concepiscono come una minaccia mortale, non alla memoria del Profeta, ma alla loro idea di società, fondata sulla ferrea dittatura della sharia. Da qui la contesa della paternità dell’attentato che corre su Twitter, Facebook e i mille site legati alla galassia jihadista.
Dopo l’attentato al “Charlie Hebdo” su Twitter i simpatizzanti della jihad globale- i seguaci di al Qaeda e quelli dello Stato Islamico- si sono praticamente contesi una versione aggiornata della lista nera (pubblicata dalla rivista “Inspire”, vicina ad al Qaeda) , nella quale sul direttore di “Charlie Hebdo”, Stéphane Charbonnier compare una croce rossa e di fianco un messaggio di vittoria: “Saluti e ringraziamenti dalla comunità islamica a coloro che hanno vendicato il profeta Maometto”. E sempre in quel numero di “Inspire”, Aqap esorta i "lupi solitari" del terrorismo islamico a colpire l'economia americana e i suoi tycoon e prendere di mira diverse compagnie aeree, tra cui Delta, Air France, Easyjet e altre, e fornisce un manuale aggiornato su come costruire una bomba. Il primo leader dell'Aqap è stato Nasir Wuhaishi, uno stretto collaboratore di Osama bin Laden. Ma ben presto un cittadino americano di origini yemenite, Anwar al-Awlaki , è emerso come figura chiave dell’organizzazione. Ed è stato proprio al-Awlaki - prima di essere ucciso in un raid eseguito da un drone Usa in Yemen nel 2011 ad utilizzare a lungo Inspire, per lanciare i suoi proclami ideologici e indicazioni operative ai seguaci di tutto il mondo e per reclutare nuovi jihadisti. All’epoca, la sicurezza yemenita affermò che anche Wuhaishi era stato ucciso in un raid nel sud dello Yemen, ma nel 2014 il leader terrorista è apparso in un video diffuso a marzo. Una guerra nella guerra è in atto per l’egemonia nel jihadismo globalizzato.
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Ed è anche una guerra “personalizzata”: l’erede di bin Laden, Ayman al Zawahiri contro il “Califfo” al-Baghdadi. Ed è stato proprio al Zawahiri, l’anno scorso, ad affidare l’incarico di organizzare le grandi operazioni internazionali ad al Qaeda nello Yemen, che è un gruppo in media più giovane e forte, più libero nei movimenti e più rispettato. Ha già rivendicato altri tentativi di colpire in Occidente, come quello a Detroit del Natale 2010. Lo scontro tra Aqap e Isis è in atto da tempo. Un altro episodio lo conferma. Nove Dicembre 2014: un alto comandante di al Qaeda nello Yemen condannato apertamente le decapitazioni degli ostaggi da parte dei jihadisti dell’Isis. In un video di 43 minuti, Nasr bin Ali al-Ansi, figura di spicco del ramo yemenita di al Qaeda, ha sottolineato come l'organizzazione fondata da Osama Bin Laden non abbia mai approvato tale pratica. "Senza dubbio, alcuni dei nostri fratelli sono rimasti colpiti nel vedere le scene di decapitazioni diffuse di recente - ha dichiarato al-Ansi, stando alla trascrizione fornita dal sito di intelligence Site al New York Times - noi non le accettiamo e le respingiamo con forza". "Registrare tali azioni e diffonderle tra la gente nel nome dell'islam e della jihad è un grave errore. Non è accettabile, qualsiasi sia la giustificazione", ha aggiunto.
E, passaggio cruciale, Al-Ansi ha tenuto a precisare che non si tratta di una sua posizione personale, nè tantomeno dell'organizzazione yemenita di al Qaeda, quanto piuttosto di quella dello stesso Osama bin Laden: "Io affermo che chiunque sia responsabile di tali azioni, viola le direttive di Osama bin Laden". Un ritorno alle origini di al Qaeda. Una direttrice cara ad Ayman al Zawahiri. Colpire nel cuore dell’Europa multietnica, scegliendo un Paese, la Francia, impegnata, con risultati alterni, nel tentativo di trovare una quadra tra i principi laici che ispirano lo Stato e la presenza di una sempre più estesa comunità islamica portatrici di valori e modelli che non possono essere cancellati o negati forzosamente: “La linea di al-Zawahiri – annota Nabil el Fattah, il massimo esperto di Islam radicale armato nel mondo arabo, già direttore del Centro di studi strategici di Al Ahram del Cairo – è sempre la stessa: impedire una saldatura tra l’Islam moderato e l’Occidente democratico”.
Ancor più del Medio Oriente, è l’Africa, soprattutto quella subsahariana e del Maghreb, il campo di battaglia fra la nebulosa qaedista e potenze occidentali, come per l’appunto la Francia, che, come dimostra l’intervento militare in Mali - ex colonia francese, indipendente dal 1960 - si oppone, anche per ragioni di interesse economico, alla penetrazione qaedista. D’altro canto, tutte le zone dove opera al Qaeda in Africa sono accomunate da una fortissima instabilità politica e ingiustizia sociale che quasi sempre si accompagna a conflitti armati o ribellioni. Al Qaeda reperisce in queste zone i fondi necessari per combattere la sua jihad contro l'Occidente. Rapimenti, traffico di droga, finanziamenti dai governi regionali interessati a colpire nazioni nemiche, ma anche gestione di industrie e aziende che svolgono attività formalmente legali, sono tra le maggiori fonti di introiti economici dell'organizzazione che finiscono inevitabilmente a finanziare le campagne terroristiche contro gli Stati occidentali. Tra questi, la Francia.
Ma la “battaglia di Parigi” e la rivendicazione di Aqap, danno conto di un salto di qualità nel modus operandi del gruppo: al Qaeda avrebbe un ragione d’azione che arriva fino alla Francia, mentre gli analisti di quell’universo variegato, ritenevano che la sua influenza fosse limitata al Maghreb. Ma la “battaglia di Parigi” narra un’altra storia, svela un’altra realtà: i giovani delle banlieu, musulmani di seconda o terza generazione, così come i convertiti all’Islam, non agiscono solo mossi da una ribellione sociale, ma spinti da un bisogno identitario forte, quello che Aqap o l’Isis offrono loro: la realizzazione di un “Califfato” che dal Grande Medio Oriente si estende al cuore dell’Europa. Un “sogno” per cui vale la pena di combattere. E di morire. E’ questo lo spettro che si aggira per l’Europa: quello di una Jihad globale:
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