LA MAPPA DEGLI INTRECCI FINANZIARI DI PECHINO
Cic,
potere e misteri del fondo cinese che compra il mondo.
Base in Lussemburgo e holding sconosciute. Dal Waldorf
Astoria alle partecipate del Tesoro
di Mario Gerevini
Pechino, New Poly Plaza 1 Dongcheng District. È la
porta d’accesso a quella selva oscura che è il capitalismo di Stato cinese. Il
viaggio di Marco Polo, al confronto, è una scampagnata. Il grande fondo sovrano, China
Investment Corporation (Cic),
e i suoi sudditi hanno sede qui. Una macchina gigantesca, controllata dallo
Stato, che muove le sue leve nel mondo, sposta centinaia di miliardi di euro e
compra, compra, compra. Spesso senza farsi notare.
Mai
sentito parlare della finanziaria Land Breeze, con asset per 7,3 miliardi e
sede in Lussemburgo? Flourish e Best Investment Corporation, presenze fisse in
Piazza Affari, dicono nulla? E la misteriosa sigla australiana «Ssbt Od05
Omnibus Account» che risulta nel libro soci di 170 aziende della Borsa di
Tokyo?
La
ragnatela.....
Proviamo
a «mappare» il polmone finanziario della Repubblica Popolare che, tra molto
altro, controlla anche le principali banche del Paese che poi sono tra le più
grandi del mondo. Da Pechino si dipana una ragnatela che abbraccia il pianeta.
Ma non esiste un organigramma dettagliato delle partecipazioni. Il bilancio del
fondo sovrano Cic è un bel volume ricco di foto di sorridenti dirigenti e con
un sacco di tabelle riassuntive: praticamente una brochure. Non è facile
rintracciare i «figli » del Cic, ovvero quel sistema di holding e hub societari
che sono direttamente sul business. Il fondo è l’ingranaggio centrale ma
ovviamente non l’unico del paese asiatico. L’olio italiano Sagra e Berio è
stato appena venduto al gigante alimentare Bright Food; il big dell’energia State Grid ha speso
oltre 2 miliardi per il 35% di Cdp Reti (30% di Snam e Terna); il 40% di
Ansaldo Energia è finito a Shangai Electric. E all’estero, per citare l’ultima,
il Waldorf Astoria di New York è stato pagato la cifra record di 1,95 miliardi
di dollari dalla Anbang Insurance. Una piccola compagnia (per gli standard
cinesi). E questo dà l’idea delle potenzialità. Quanto al Cic, il fondo sovrano
controlla buona parte del sistema bancario e finanziario cinese. Nacque nel
2007 per diversificare l’impiego delle immense riserve valutarie e oggi
gestisce asset per 653 miliardi dollari, numero 4 tra i grandi fondi sovrani.
Ma anche il numero 5, Safe, è cinese. Cic si muove con due subholding: Cic
International per l’estero, Central Huijin per l’interno.
Braccio
armato
Nel
2007, appena costituito e con in cassa 200 miliardi di dollari, il fondo parte
con grande entusiasmo: sborsa subito 5,6 miliardi per il 9,9% di Morgan Stanley
e 3 miliardi per il 9,4% di Blackstone. Tempismo paragonabile a chi avesse
deciso di farsi una nuotatina a Pearl Harbor alle 7,50 del 7 dicembre 1941. Poi
si fa più accorto e comincia a realizzare ottimi rendimenti. Energia,
infrastrutture, immobiliare, trasporti, dal 10% dell’Aeroporto di Heathrow al
7% della francese Eutelsat (satelliti), dal 17% del colosso minerario canadese
Teck Resources al 12,5% di Uralkali, il big russo del potassio. A Pechino
finisce anche una piccola quota (3% pagata 300 milioni) di Btg Pactual di André
Esteves. E presto Pechino potrebbe entrare con 300 milioni nel secondo fondo
della «nostra» F2i.
Mistero
Ssbt
Sui
listini di Borsa i manager del Cic mandano avanti società satelliti, quelle
semisconosciute. Ecco allora che in Piazza Affari spuntano Best Investment
Corporation e Flourish. Comprano Eni, Enel, Generali, Unicredit e altro ancora.
Su altre Borse sono attive la
Terrific e la Stable Investment o la Beijing Wonderful
Investment. Nessuna di loro è nel bilancio del Cic. Non manca una certa
fantasia nei nomi. Da nessun parte, invece, se non in un conto custodia
registrato alla State Street Bank di Sidney, c’è traccia della «Ssbt Od05
Omnibus Account». Tre anni fa è arrivato a essere socio, anche rilevante, di
170 aziende quotate giapponesi. Misteriosi gli investitori. Secondo
un’inchiesta del Wall Street Journal dietro Ssbt vi sarebbero proprio i
cinesi di Cic e Safe, l’altro grande fondo sovrano. In Europa la piattaforma da
cui si diramano gli affari è in Lussemburgo. Qui è registrata Land Breeze,
holding da 7,3 miliardi di dollari di asset, tra cui il 30% del polo di
esplorazione di Gdf Suez: 3,2 miliardi di valore.
I
giganti del credito
Poi
c’è il fronte interno, con le banche. E tanto per dare un’idea: Industrial andCommercial Bank of China (Icbc)è
la prima del mondo per patrimonio che è quasi il doppio di quello della più
grande banca giapponese (Mitsubishi) mentre la numero 2 è China Construction
Bank che ha appena scalzato Jp Morgan. Prima di Alibaba il record per un’Ipo
furono i 22 miliardi incassati nel 2010 da Agricultural Bank of China. Alcuni
istituti sono quotati ma hanno due categorie di azioni e il controllo è sempre
saldamente in mano alla coppia Cic-ministero delle Finanze.
Di recente è finita sotto inchiesta per un’ipotesi di concorso in riciclaggio nell’ambito dell’operazione Cian Liu-Money to Money (4,5 miliardi). Quando i cinesi della Shandon hanno acquistato (e salvato) gli yacht Ferretti avevano le spalle coperte dalla Icbc (400 mila dipendenti) che ha messo a disposizione 200 milioni e oggi ha in pegno tutto il gruppo. E sono della China Development Bank i 78 milioni che
Due
parrocchie
Ma
una cosa è il Cic, con le sue banche commerciali, altra cosa la People ’s Bank of China, la
banca centrale, il soggetto finanziario con maggiori risorse al mondo, che qui
in Italia conosciamo bene. Tra primavera ed estate ha varcato la soglia del 2%
in grandi gruppi come Eni, Enel, Generali, Telecom, Fiat. Probabilmente la
banca centrale si è mossa anche attraverso la sua controllata Safe. Cioè
l’altro grande fondo sovrano cinese. Due parrocchie diverse, dunque, Cic e
People’s Bank. Ma la potentissima
diocesi è sempre la stessa.
14 ottobre 2014 | 11:35
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