«Arriva un momento in cui si deve reagire». Chi lo dice? Genny ’a Carogna? Gastone De Santis? Uno dei capi ultras protagonisti degli scontri all’Olimpico? Uno di quelli beccati con le mani nel sacco delle bombe carta? O nella fondina della Beretta 7.65? No, sbagliato: quella frase («Arriva un momento in cui si deve reagire») l’ha detta sì una delle persone coinvolte in questi giorni sulle polemiche del calcio, pure lui protagonista di una rissa con i tifosi, ma non è né Genny ’a Carogna né Gastone De Santis. È Piero Fassino, al secolo sindaco di Torino. Un uomo che punta in alto (il dito, per ora).
Povero Fassino, dopo aver perso la pazienza, evidentemente deve aver perso la testa. O, per lo meno, l’aiuto dell’addetto stampa. Il risultato è un tacon (toppa) assai peggio del buso (buco), che nel caso è il medio levato per mandare in quel posto i tifosi granata riuniti per commemorare Superga. Le giustificazioni del sindaco di Torino, in effetti, risultano efficaci come un termosifone all’Equatore: «Ho reagito d'istinto» dice, «rivendico il diritto di reagire». Frasi che avrebbero potuto pronunciare tranquillamente anche la Tigre Arkan, Sandokan, Ivan il Terribile o qualcuno degli altri storici capi dei commando ultrà.........
«Gli ho sparato? Sì, ma lui mi aveva insultato» (ultrà). «L’ho sprangato? Sì, ma lui mi aveva minacciato» (ultrà). «L’ho offeso? Sì, ma lui mi aveva aggredito» (Fassino). Come vedete, la logica è la stessa. Certo, non sfugge a nessuno la differenza che passa tra alzare le mani (come fanno gli ultras) e alzare un dito medio (come fa il sindaco di Torino). Ma altrettanto non può sfuggire, per l’appunto, che gli uni sono dei teppisti da stadio, l’altro il rappresentante delle istituzioni. Rappresentante, peraltro, pure di quella parte di tifosi che lo stavano fischiando. A torto? A ragione? Non importa. Se fai il sindaco devi saper accettare pure i fischi (degli altri) oltre i fiaschi (tuoi).
Che ci volete fare? A Fassino va su l’indice della mano, ma va giù l’indice di gradimento. È evidente quando tenta di arrampicarsi sugli specchi per spiegare il suo gesto, dicendo che lui non voleva insultare nessuno. Macché, anzi: «ma nooo!», con tre punti esclamativi, che ben si abbinano con il suo profilo. «Quel gesto era per dire “Basta”, “Lasciatemi in pace”. Questo era il senso», spiega. È ovvio, no? Qualsiasi persona di buon senso quando vuol dire basta alza il dito medio. È così, il gesto naturale: la mamma vuol dire a suo figlio: «Basta tv»? Mostra il dito medio. L’insegnante vuol dire ai suoi studenti: «Basta chiacchierare»? Mostra il dito medio. Se proprio è di buon umore fa il gesto dell’ombrello, altrimenti sputa loro in faccia. Che ci volete fare? Arriva sempre «un momento in cui bisogna reagire», no?
Quello che non si capisce è perché il sindaco Fassino, se davvero era così orgoglioso del suo gesto, non l’abbia rivendicato fin dal primo momento. Poteva dirlo subito: «Arriva un momento in cui bisogna reagire». Oppure anche: «È andata bene che ho alzato solo il dito medio, potevo far di peggio». Invece no. Finché il video non l’ha sbugiardato platealmente ha negato, in ogni modo, si è pure sdegnato. «Ma figuriamoci», ha detto, o basta là. E solo dopo, quando è stato preso con le mani nella marmellata della bugia, ha ammesso e rilanciato, negando la negazione con scuse più friabili di un grissino (a lui particolarmente congeniale). «Non ho mentito, ho negato la rappresentazione che era stata data», ha detto rischiando di far diventare il suo naso più lungo persino delle sue lunghe gambe.
Il resto delle interviste è surreale. Fassino, dopo essersi dimostrato nevrotico e intollerante, sdottoreggia dicendo che non gli piace «un modello di società nevrotica e intollerante», dopo aver aggredito chi manifestava un’opinione diversa dalla sua, accusa chi trasforma «in aggressione anche la minima diversità di opinione». E infine si autoproclama paladino di una «società basata sulla convivenza». Frasi perfette, si capisce. L’unico dubbio è: per convivere come piace a Fassino è proprio necessario alzare il dito medio? E fra i nevrotici e gli intolleranti non vanno forse considerati anche i sindaci che fanno gestacci a chi non è d’accordo con loro? Fassino sa senz’altro che quello stadio, tempio del Grande Torino, monumento della storia del calcio, è ridotto a rudere, da vent’anni, proprio per le inefficienze degli amministratori, incapaci di tutelare il patrimonio del Paese. Per cui i tifosi hanno più che il diritto di fischiare e il sindaco non ha nessun diritto di reagire, senza mettersi sullo stesso piano di Genny ’a Carogna. «Non porgo l’altra guancia», ripete Fassino. E questa forse è l’unica cosa giusta che ha detto in tutte le interviste: perché in effetti per porgere una qualsiasi guancia bisognerebbe, prima, non aver perso la faccia.
di Mario Giordano
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