[Ennio Remondino]Articolo apparso su Remocontro.it, il blog di Ennio Remondino
Memoria e documento. Reportage Tg1 poi su il Manifesto del dicembre
2004: Stanko Lazendic uno degli «istruttori» che ha allenato la piazza
di Kiev. Per idealità e per soldi. Committenti i governi Usa ed europei.
Prima fu Milosevic poi Shevardnadze in Georgia. Trainer un ex
colonnello della Cia.
di Ennio Remondino
Non deve essere stato particolarmente difficile per la polizia politica e
i servizi segreti ucraini, eredi del mitico Kgb, stargli dietro. Stanko
Lazendic non ha il fisico del cospiratore, dell'uomo anonimo che trama
nell'ombra nascondendosi. Due metri e qualche centimetro di mancia,
vestiti da 110 chili di muscoli, e si nota, soprattutto se a camminargli
accanto è un giornalista per così dire, «concentrato».
Abbiamo passeggiato e chiacchierato a lungo con Stanko, per le belle
strade di Novi Sad, su in Voivodina, al nord della Serbia, quasi in
Ungheria. Stanko è un giovane uomo di 31 anni che nella vita ne ha viste
molte, a cominciare dalla galera, che ha iniziato a frequentare
dall'imporsi del regime di Milosevic. Diciassette arresti non sono male
per un semplice leader studentesco, se mai è stato vero che Stanko sia
soltanto quello.
Stanko non ha potuto essere presente ai festeggiamenti dell'opposizione
filo occidentale ucraina sulla piazza di Kiev, che pure ha tanto
contribuito a organizzare e a far vincere. Stanko Lazendic è stato uno
degli «Istruttori», uno dei «Trainers», che ha allenato la piazza
arancione ad opporsi e a rovesciare il regime. Un po' per idealità,
sostiene Stanko, ma certo anche per soldi, da buon professionista.....
Socio fondatore della Ong, l'organizzazione non governativa serba
«Center of not violent resistence», registrata a Belgrado. Per contatti e
contratti, vedi il sito Internet. Accrediti professionali, oltre a
quello di Slobodan Milosevic che attende in galera la sentenza del
Tribunale internazionale dell'Aja per crimini di guerra, l'ex presidente
georgiano Eduard Shevardnadze, e ora il premier ucraino filo russo
Viktor Yanukovic. I committenti per queste singolari prestazioni
professionali di destabilizzazione più o meno non violenta, sono
altrettanto interessanti ma, contravvenendo a tutte le regole
giornalistiche, le lasciamo al Gran Finale del Giallo.
Stanko Lazendic è stato uno dei fondatori del movimento studentesco
serbo «Otpor», che vuol dire Resistenza, ed è da lì che parte tutto.
Resistenza popolare e non violenta al regime di Milosevic in quel
lontano 1998, quando il despota di Belgrado era ancora equivocamente
corteggiato da molte cancellerie occidentali incerte fra l'adottarlo e
il fargli guerra.
Otpor nasce allora, ed è probabilmente l'unico erede del vasto movimento
democratico di piazza che negli anni precedenti aveva quasi dato la
spallata decisiva al potere della famiglia Milosevic. Poi i partiti
tradizionali, anche quelli democratici, si erano ingoiate sia la
«Rivoluzione dei fischietti» (Inverno `96, `97), sia le speranze di
cambiamento.
Otpor rivoluziona la liturgia della politica, con i multicolori delle
bandiere, nelle parole d'ordine, nella leadership collettiva, nella
musica sparata in piazza a tutto volume, e nel costante sberleffo al
potere. L'anima slava, sepolta sino allora nell'auto commiserazione, ne
approfitta per ritirare fuori la prorompente carica d'ironia e auto
ironia, dell'amara irriverenza. Ce l'avrebbero fatta da soli e prima e
meglio, quelli di Otpor, con tutto il popolo serbo, se qualche stratega
di Washington non avesse già deciso, in quella metà del 1998, che
Milosevic serviva per collaudare la forza militare della Nato come
guardiano del fronte Est dell'Impero.
Quando, il 24 marzo del 1999, sulla Jugoslavia iniziano a piovere le
bombe, Otpor si arruola, assieme a tutta la Serbia, non accanto a
Milosevic, ma contro la Nato. Per loro quelle bombe sono insensate.
Puntano al despota ma colpiscono innanzitutto le sue vittime, primo fra
queste, il popolo serbo e quello kosovaro.
A quasi sei anni di distanza dai bombardamenti, non c'è persona in
Serbia, per «americana» e filo occidentale che sia, a non chiamare
l'evento «Aggressione». Sono gli stessi giovani - molti dei quali poi
diventeranno Otpor - a portare sui ponti sulla Sava e sul Danubio la
popolazione a fare da scudo umano, a sbeffeggiare l'Iper potenza Nato. È
la loro ironia che ci fa indossare, tutti allora a Belgrado, le
magliette con la scritta «Target». Tutti bersagli, salvo chiedere scusa
quando la scalcinata contraerea serba riesce per sbaglio ad abbattere un
cacciabombardiere F117: «Scusate, non sapevamo fosse Invisibile».
Occorrono tre mesi al Golia-Nato per stendere - con tanti «effetti
collaterali» civili - il nano militare di Belgrado. Tantini, viene da
dire. Dopo di che Otpor riprende ad attaccare il suo storico bersaglio,
il despota Slobodan Milosevic. Ricordo come allora fu possibile notare i
segni di un'insospettata abbondanza. Sempre la fantasia al potere della
protesta, ma anche qualche soldino in più per manifesti, striscioni,
apparato legale di difesa, bandiere, radio libere e Internet pirata.
Molti di quegli studenti ormai abbondantemente fuori corso sembrava
avessero studiato molto durante il duro inverno della guerra, lezioni
sul come scardinare un trucido apparato di potere per seppellirlo sotto
il ridicolo della sua sostanziale impotenza. Anche Stanko Lazendic aveva
studiato. In trasferta a Budapest, nella vicina Ungheria che ancora non
chiedeva il visto per i serbi; altri suoi amici nel protettorato Nato
della Bosnia o in quello statunitense del Montenegro. «Seminari» li
chiamavano gli organizzatori, sulla «Resistenza non violenta».
Due le cose interessanti che riesco ad ottenere dalla memoria di Stanko:
il nome di almeno un «docente» e le molte sigle di chi pagava i conti
di quelle trasferte di «studio». Nel marzo del 2000, uno dei docenti di
Stanko all'Hilton di Budapest, fu un certo Robert Helvi, già colonnello
della Cia, operativo a Rangoon e Burma. L'Ex colonnello Cia (esiste un
«ex» in qualsiasi Servizio segreto?), aveva illustrato i 500 modi «non
violenti» per destabilizzare un regime autoritario.
In pratica una rilettura del libro di Gin Sharp, «Dalla dittatura alla
democrazia», che resta dal lontano 1970 il testo base per ogni movimento
anticomunista che si rispetti, tecnica del Colpo di Stato col Guanto di
Velluto.
«Che il conferenziere fosse uno della Cia», insiste Stanko, «nessuno di
noi allora lo sospettava». Ma chi pagava quel seminario a Budapest?
Chiedo.
«Quel seminario fu promosso, mi sembra, dalla Us Aid». Lo sguardo che
riceve in cambio, induce Stanko ad una giustificazione non richiesta.
«Noi non siamo della Cia, né lavoriamo per la Cia. Se così fosse,
guadagneremmo molto, molto di più dei pochi soldi che riceviamo. Una
miseria per i rischi che corriamo».
Quanti siano «pochi» i soldi con cui pagano le loro originali
prestazioni professionali, Stanko Lazerdic non ce lo dice. In compenso
ci racconta dei suoi committenti: ovviamente le organizzazioni giovanili
dei diversi paesi coinvolti. Tutto indipendente e tutto trasparente,
secondo lui. Ma chi paga il conto dei vostri «pochi soldi»?
«A volte le organizzazioni studentesche, a volte direttamente i loro
finanziatori». Risalendo lungo la catena della solidarietà anti despota
ex comunista e anti occidentale, arriviamo finalmente ai nomi.
La generosità democratica in Serbia, Ucraina, Georgia eccetera, ci dice
Stanko Lazendic, esce dai conti correnti di Us Aid, l'organizzazione
governativa statunitense, o dall'Iri, l'Istituto Internazionale
Repubblicano (il partito di Bush), o dal suo gemello Democratico (Ndi), o
dalla fondazione Soros, o dalla Freedom House, o dalle tedesche
«Friedrich Ebert» e «Konrad Adenauer», o dalla britannica «Westminster».
Le trasferte di Stanko in Ucraina, da agosto a settembre, per esempio, è
stata pagata prima dalla Westminster britannica e poi dall'American
Freedom House di cui è «consigliere speciale» per l'Ucraina. In Georgia,
contro Shevarndnadze, pagava Soros. La serba Otpor in formato
esportazione partorisce così «Kmara» (Basta) a Tbilisi, e «Pora» (E'
ora) a Kiev.
Prossimi impegni professionali, Stanko? «Vedremo. Dopo gli ottimi
risultati ottenuti in Serbia, Georgia e Ucraina, spero che avremo altri
contratti. Stiamo già lavorando un po' in Bielorussia e siamo in
corrispondenza con l'Azerbaijan. Vedremo». Già. Anche noi sicuramente
vedremo.
Novi Sad, Serbia, dicembre 2004
http://popoff.globalist.it/Detail_News_Display?ID=92845&typeb=0&Arancione-Kiev-con-colori-stelle-e-strisce
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