«L’auspicio
di unità e di concordia» del Cavaliere di Arcore isola l’enfant prodige
del berlusconismo dell’ultimo decennio. Angelino Alfano, siciliano di
Agrigento, vicepremier in carica delle «larghe intese» e Ministro
dell’Interno, colui che si innamorò di Berlusconi guardando la tv, sa di
essere chiuso in una morsa. Da una parte viene tirato per la giacca
dagli «innovatori» alla Roberto Formigoni, che spingono per un strappo
nel segno del Ppe, di una Dc 2.0, e di un governo di «servizio» che duri
fino al 2015. Poi si vedrà. Dall’altra subisce la sudditanza
psicologica di Silvio Berlusconi, del suo padre acquisito, di colui che
l’ha lanciato nell’agone politico nazionale.
Del resto dal 2 ottobre, giorno della fiducia ad Enrico Letta
e della retromarcia del Cavaliere, è passato un mese. Un mese lungo per
il vice Premier. Un mese nel quale «Angelino» avrebbe potuto rompere
con l’ex premier, far nascere un gruppo indipendente, e costruire un
nuovo partito «moderato»: filo-governativo, che ricalcava gli ideali del
Ppe. Ma ha preferito prendere tempo. All’inizio l’entusiasmo
pro-Alfano era alla stelle, e i parlamentari che avrebbe potuto sposare
la causa del siciliano crescevano di ora in ora. Un fedelissimo come il
sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione, di scuola
democristiana, si era messo in moto per tessere una rete di parlamentari
che gli avrebbe consentito di dormire tranquillamente. «Angelino, i
numeri ci sono: crescono, crescono. Da Torino a Palermo si sono stancati
di Berlusconi...», confidavano gli alfaniani duri e puri. E poi,
aggiungevano, «il ferro si batte mentre è caldo». Semplice. «La
leadership di Berlusconi ha evitato una sconfitta, ma non è bastata e, a
mio avviso, non basterebbe in caso di nuove elezioni a recuperare
quegli elettori in fuga. Di qui la proposta di coniugare insieme la
continuità berlusconiana e il rinnovamento rappresentato da Alfano»,
spiegava qualche giorno fa alla Stampa l’ex socialista Fabrizio
Cicchitto.......
Ma il figliol prodigo del berlusconismo non ha voluto sapere di «rompere».
È stato tentato dal «quid» ritrovato per un breve lasso di tempo, ma
sarebbe stato uno smacco nei confronti di Berlusconi. Infatti è «sempre»
tornato indietro, sui suoi passi. Ad esempio, ha negato che il suo
gruppo stia preparando un «manifesto» della dissidenza in chiave
anti-Silvio. Anzi. In una conversazione con il giornalista Bruno Vespa
ha riferito così: «La prima frase di qualunque documento dovessi
trovarmi a sottoscrivere sarebbe il riconoscimento della leadership di
Berlusconi». Insomma un profilo politico un giorno di «lotta» e un
giorno di «fedeltà» al padre nobile Berlusconi. Un profilo politico
«confuso» - lamentano i diversamente berlusconiani della prima ora - che
avrebbe ridistribuito il consenso all’interno del Pdl-FI a favore del
Cavaliere. Ecco perché in queste ore i cosiddetti falchi insieme ai
«lealisti» come Raffaele Fitto assicurano Berlusconi che «800 delegati
del Consiglio nazionali sono con te, Presidente. E
nelle
prossime potrebbero persino aumentare». Ad esempio, in Piemonte tutto
il gruppo dirigente sarebbe tornato fra le braccia di Berlusconi. In
Calabria, dove sembrava che Alfano dovesse avere vita facile, i
«lealisti» controllano oltre il 40% dei consensi. Stesso discorso vale per la Basilicata, e persino in parte per la Sicilia dell’enfant prodige.
Perché nell’isola il neo-berlusconiano Saverio Romano, che qualche giorno fa ha aderito a Forza Italia, cambia gli equilibri del centro-destra
A Palermo l’ex cuffariano può contare su parlamentari in Regione,
consiglieri provinciali e consiglieri comunale. Un numero considerevole
che rimpingua i consensi dell’ex Premier Oltretutto Romano è ben
radicato su tutto il territorio dell’isola. E non è certo un caso che
abbia aderito alla causa berlusconiano. «Vuole guidare Forza Italia in
Sicilia», confida a Linkiesta un adepto. Chiaro. In sostanza Alfano può
contare sul dominus catanese Giuseppe Castiglione, ma ciò si circoscrive
alla zona orientale, e sul senatore Giuseppe Marinello per quel che
riguarda la zona di Sciacca. A Palermo «Angelino» avrebbe rotto con
Francesco Cascio, ex Presidente dell’Assemblea Regionale siciliana, e
portatore di consensi nel capoluogo siciliano. E l
’apporto
di Renato Schifani, uomo ombra della strategia «alfaniana» in queste
ore, e «compare» da tempi non sospetti dell’agrigentino, non influirà in
termini elettorali. Del resto, confida un palermitano, «Schifani
non ha un voto in città: riesce a stento ad eleggere un consigliere
comunale». Semplice.
Ed ecco svelata la solitudine di Alfano.
Una solitudine che ricorda nell’ordine: lo strappo di Marco Follini -
era il 2005 - l’insistenza «centrista» di Pierferdinando Casini, e per
completare il puzzle, il «che fai, mi cacci?» di Gianfranco Fini.
Una solitudine del numero due che oggi lo porta a strizzare l’occhio
anche a chi, come la galassia di Confindutria Sicilia, lo ha avversato
in questi anni: «Siamo nella capitale (Caltanissetta) della ribellione
da parte dell'imprenditoria onesta nei confronti del racket. Siamo qui a
ribadire che lo Stato è più forte dell'antistato e che le forze
dell'ordine sono più forti delle forze del disordine, ma soprattutto a
ribadire il sostegno e la vicinanza agli imprenditori, a cominciare da
Antonello Montante e Ivan Lo Bello che si sono ribellati
http://www.linkiesta.it/solitudine-alfano
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