Si riparte da Forza Italia. Dopo una giornata di fibrillazioni tra "governativi" e "lealisti", Silvio Berlusconi fa tabula rasa del Pdl e lancia il partito nel futuro. Sospese le vecchie cariche e messo nelle mani del Cavaliere il timone del movimento, l'ufficio di presidenza compie un ulteriore passo per traghettare il centrodestra italiano in un nuovo soggetto politico.
Adesso gli occhi sono puntati all'8 dicembre quando il Consiglio nazionale del partito dovrà ratificare il passaggio.
L'esperienza del Pdl è conclusa. Tutto torna nelle mani di Berlusconi che nelle prossime settimane lavorerà insieme ai vertici del partito per ritornare a Forza Italia. Un passaggio definitivo. Da qui non si torna indietro. Con la delibera dell'ufficio di presidenza, si torna al vecchio statuto che assegna al presidente il diritto di delegare le funzioni. "Chi ora esercita delle funzioni vi ha di fatto rinunciato ma io con saggezza indicherò le funzioni che devono svolgere", ha spiegato Berlusconi confermando, tuttavia, la stima in Angelino Alfano a cui tornerà ad affidare il ruolo di segretario. Il Cavaliere ha, però, fatto anche capire che alcune responsabilità sarano affidate a "persone nuove". A questo punto si aspetta che tutti lavorino "con grande entusiasmo e passione". "Ci ha diviso una diversa valutazione sull’effetto del voto, di fiducia o sfiducia al governo - ha continuato - superato quel momento, si torna a lavorare insieme come sempre in questi vent'anni". Anche con Alfano le distanze sembrano essere state azzerate. Così, se da una parte si lavorerà nel governo per portare avanti gli obiettivi promessi in campagna elettorale, dall'altra dare corpo al nuovo volto del centrodestra.
La giornata è stata segnata da un confronto serrato tra le due anime del partito. Non appena è stato convocato l'ufficio di presidenza, al quale per la prima volta non sono stati invitati i membri della delegazione di governo ma solo gli aventi diritto, i filo governativi hanno subito contestato la composizione dell'organo chiedendo che venga fissata la data del Consiglio nazionale dove, a sentire le colombe, i numeri non sarebbero più a favore dell’ala dura del Pdl. "Non andrò all'ufficio di presidenza perché non lo ritengo rappresentativo della storia del partito", ha fatto sapere il senatore Roberto Formigoni. Sulla stessa linea anche le colombe Carlo Giovanardi, Maurizio Sacconi e Renato Schifani che hanno invitato Berlusconi a rinviare l'appuntamento. Invito che, prima dell'inizio dell'ufficio di presidenza, Alfano e i ministri hanno rivolto al Cavaliere in persona, in un faccia a faccia di oltre due ore a Palazzo Grazioli. Pur comprendendo i ragionamenti della squadra di governo, il Cavaliere ha messo in chiaro l’intenzione di voler andare avanti con il ritorno a Forza Italia ma, al tempo stesso, ha congelato la rotura in attesa del secondo passaggio formale previsto dallo statuto ovvero la convocazione del Consiglio nazionale del partito. L’ala governativa ha, tuttavia, deciso di marcare le distanze disertando l’ufficio di presidenza. A spiccare soprattutto l’assenza di Alfano. "Il mio contributo all’unità - si è limitato a spiegare - è di non partecipare".
Alla tregua armata si è arrivati dopo ore convulse, segnate da prese di posizione, mosse e contromosse delle due anime del partito. L'ala dei lealisti e dei falchi ha lavorato fino all'ultimo per impedire la frenata sul ritorno a Forza Italia e per procedere con l’azzeramento di tutte le cariche. Proprio per questo, nelle ore che hanno preceduto l'ufficio di presidenza, è stata lanciata una raccolta di firme a sostegno del passaggio immediato dal Pdl a Forza Italia. "Una decisione così importante come il passaggio a un nuovo partito - hanno commentato gli alfaniani - deve essere assunta in una sede più ampia". "Ma qual è il problema? Che si sancisca il passaggio dal Pdl a Forza Italia? Ma non eravamo tutti d’accordo?", ha replicato duramente il senatore del Pdl Francesco Nitto Palma chiedendo di "non drammatizzare" il confronto. Alfano e i ministri pidiellini, invece, hanno drammatizzato eccome. "Per ora non ci sarà alcuna scissione - viene spiegato da fonti vicine al vicepremier - non usciamo dal partito". La spaccatura è ormai in essere. La resa dei conti finale è solo rinviata al Consiglio nazionale dove ci sarà una vera e propria conta tra le due anime del partito. Occhi puntati, dunque, sull’8 dicembre (stesso giorno delle primarie del Pd). Intanto, però, è già partita la ricerca delle adesioni alle due diverse "fazioni", non solo tra i parlamentari e gli eletti negli enti locali, ma proprio tra gli esponenti sul territorio.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/pdl-verso-lufficio-presidenza-scontro-lealisti-e-governativi-961712.html
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