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venerdì 2 agosto 2013

LaStampa.it: “Così il Pd si occupava di Mps dagli uffici di Roma”.....

 PS:Vediamo tra i "pidiessini" in quanti si "vergogneranno"del comportamento poco illecito dal Pds, Ds, Margherita, Pd....(significa un tempo ancora prima della scesa in campo di Berlusconi...)come stanno facendo, giustamente, ora ora sui network contro il Pdl e il loro leader.
umberto marabese
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L’ex sindaco Ceccuzzi: decideva sempre la Capitale
guido ruotolo-inviato a siena
E’ il giorno di Mps, della chiusura delle indagini, della conferenza stampa. Al chiosco della Fortezza, l’ex sindaco Franco Ceccuzzi ripercorre la storia del rapporto della banca con il «partito», con il Pds, Ds, Margherita, Pd, ribadendo quanto ha già messo a verbale ai pm della inchiesta. E non è il solo - sono stati sentiti anche l’ex presidente della Provincia Fabio Ceccherini e l’ex sindaco Maurizio Cenni - ad esplorare la prateria investigativa che non ha portato i pm e il Valutario della Finanza a trovare elementi per censurare penalmente il rapporto tra la banca e il partito. Nell’Olimpo dei dirigenti romani che si sono occupati di Mps, secondo i ricordi dei rappresentanti senesi dell’attuale Pd, ci sono: Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani, Walter Veltroni, Piero Fassino, Vannino Chiti, Vincenzo Visco, Giuliano Amato e Franco Bassanini.......



Sorseggia il caffè Franco Ceccuzzi e scandisce lentamente: «Non ci trovo nulla di male rivolgersi a Roma, a chiunque sia in grado di contribuire a portare il meglio nella propria città». E già, l’aveva anche messo a verbale quella raccomandazione. Era il gennaio del 2012, la situazione di Mps rischiava di esplodere e bisognava cambiare il gruppo dirigente. Si puntava ad Alessandro Profumo per la nomina a presidente. Ceccuzzi: «Nell’autunno del 2011 pensammo di cambiare direttore generale e ci rivolgemmo anche ad Alessandro Profumo, che però rifiutò lasciando la porta aperta a una sua possibile nomina alla presidenza. Con il passare dei mesi la situazione diventava sempre più difficile e mi rivolsi a Massimo D’Alema.Naturalmente lo invitai a contattare Profumo per fare pressioni perché accettasse l’offerta». L’incontro ravvicinato tra Siena e Massimo D’Alema si svolse in piazza Farnese, a Roma, nella sede di «Italianieuropei».

Poi Ceccuzzi ricorda la stagione che preparò il colpaccio Antonveneta. L’ex sindaco pronuncia anche tre nomi sacri: «Chi nel partito voleva che Mps diventasse più importante a livello nazionale? Piero Fassino, Massimo D’Alema e Vannino Chiti auspicavano un ampliamento della banca». Su ogni decisione bisognava consultare Roma.

Con la decisione di allargare da 10 a 12 il numero dei componenti del cda di Mps, nel 2009, Ceccuzzi va a Roma a informare il segretario Walter Veltroni, «che prese atto delle nostre scelte di allargare il cda». Disse a questo giornale Denis Verdini, triumviro del Pdl, fiorentino, che «per capire Mps bisognava capire la senesità». Sarà vero ma «il 18 marzo di quest’anno», ricorda a memoria l’ex sindaco Ceccuzzi, «Alessandro Profumo è stato eletto presidente di Mps». Un non senese, come il direttore generale.

Mastica amaro anche Maurizio Cenni, sentito dai pm, sindaco per un decennio, il primo del 2000. Anche lui è un testimone-protagonista del rapporto tra la banca e il partito. Come sindaco, ha partecipato alle nomine della Fondazione per tre volte, nel 2001, 2005 e 2009. «Che fatica trovare l’intesa, incontrare prima il segretario cittadino dei Ds, poi quello provinciale, e il rappresentante della Margherita». E non può, Cenni, negare come «le diverse anime dei Ds» fossero tutte interessate alla vita di Mps. «Ai D’Alema, ai Visco non andava giù che Mps fosse gestita solo da una città di meno di centomila abitanti, e volevano che la banca si allargasse, si ingrandisse, pensasse alla grande. Quando la situazione divenne pesante, nel 2009, sostenni che occorreva azzerare i vertici della banca e della Fondazione, fui azzittito, accusato di non fare gli interessi di Siena e mi trovai isolato».

Ma almeno lui sulla vicenda Antonveneta fu preventivamente informato sia dal presidente della Fondazione Mancini che dal presidente di Mps Mussari. «Mussari mi chiamò dopo aver siglato l’acquisizione dal Banco di Santander. Non c’è che dire, dal punto di vista strategico l’acquisizione fu corretta».

Sembra un passaparola. Anche Fabio Ceccherini, dal 1999 al 2009 presidente della Provincia ricorda - lo ha detto anche ai pm nel suo interrogatorio - una testimonianza di Massimo D’Alema a proposito della banca che non può essere solo gestita dai senesi: «Lui sosteneva che le nomine della Fondazione e dunque anche della banca erano di tipo medioevale perché troppo legato agli enti locali». Ma questo in significa che Roma non mettesse becco nelle vicende senesi. Ceccherini, per esempio, dice che anche Franco Bassanini, il deputato fatto eleggere a Siena, parlava delle cinque nomine al cda della Fondazione che spettavano alla Provincia.
 

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